sabato 14 dicembre 2013

I paragrafi scelti da Emi (1º sessione del Club di lettura)

La variante di luneburg
Pag.14.-Invano si è cercato un messaggio, ma sul suo tavolo da lavoro non      si è trovato nulla se non una scacchiera con una posizione de gioco già       sviluppata un complicato centro di partita. Una strana scacchiera, in verità cucita assieme con pezze chiare e scure di stoffa grezza; e con le pedine formate de bottoni di varie dimensioni che portavano, malamente incise su una faccia - si sarebbe detto con la punta di un chiodo- le figure del gioco.

Pag.14.-Nessuno potrà mai spiegarci perché quella note il dottor Frisch abbia scelto, dalla sua preziosa e rinomata collezione di scacchiere, un simile cencio. Forse solo per giocarci la ultima sua partita; quella con la morte.

Pag.15.-La scacchiera rinvenuta, infatti mi apparteneva, e quella posizione di gioco potrei ricostruirla e giocarla ad occhi chiusi in tutte le sue variante. Questa difesa, che Frisch aveva tentato inútilmente de demolire dall’alto della sua autorevole rivista, era l’unica cosa che ci legasse a un sogno infame del passato. Questa difesa, che Frisch aveva avuto l’imprudenza de denominare “la variante di Luneburg” si è rivelata il filo conduttore che mi ha permesso de risalire fino alla sua persona.
La sentenza è stata pronunciata venerdì sarà sul rapido Monaco-Vienna.
Pag.26.-Questa variante gli era apparsa come un affronto ai suoi personali canoni di ordine estético. Lui stesso ne aveva ampliamente dissertato, attraverso le pagine della sua rivista, cercando in tutti modi di dimostrarne l’infondatezza. Vi aveva dedicato uno studio ponderoso che si era protratto per parecchi numeri. L’aveva intitolato “La variante di Luneburg”. Aveva tentato di demolirla. L’aveva definita “incoerente” “avventata”” rissosa”. E Frisch stava eseguendo le mosse da lui tanto deprecate.
Pag.100.-Era una ben strana scacchiera quella che avevo davanti. Sembrava provenire da un altro mondo, o essere un oggetto sacro. Incise da un lato c’erano le ventidue lettere dell’alfabeto ebraico, e sui rimanenti tre, semicancellate dal tempo, tre scritte che riteneva di aver decifrato. In tutte e tre ricorreva la parola “dolore”:
<Tu non arrecherai dolore>
<Tu fuggirai il dolore>
<E tu imparerai dal dolore> suonava come una indecifrabile profezia.

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